«I seminari diocesani e missionari “Redemptoris Mater” sono eretti dai vescovi diocesani, in accordo con
l’Equipe Responsabile internazionale del Cammino, e si reggono secondo le norme vigenti per la formazione e
l’incardinazione dei chierici diocesani e secondo statuti propri, in attuazione della Ratio fundamentalis
sacerdotalis. In essi i candidati al sacerdozio trovano nella partecipazione al Cammino neocatecumenale un
elemento specifico e basilare dell’iter formativo e, al contempo, sono preparati alla “genuina scelta presbiterale di
servizio all’intero Popolo di Dio, nella comunione fraterna del presbiterio”»
(Statuto del Cammino neocatecumenale, art. 18, § 3).
Il Cammino neocatecumenale, definito da s. Giovanni Paolo II come “un itinerario di formazione cattolica valida per la società e i tempi odierni” è uno strumento pastorale messo “al servizio dei Vescovi”
(cfr. Statuto, §§ 1 e 2). Approvato ufficialmente dalla Santa Sede nel 2008, esso non è né un Movimento né
un’Associazione né una Prelatura, ma si prefigge di far riscoprire le ricchezze del Battesimo e della vita
cristiana sul modello del Catecumenato antico che prevedeva un annuncio kerygmatico e una conversione
morale (Metanoia) attuantesi progressivamente tramite l’ascolto della Parola, la celebrazione dei sacramenti
e la vita comunitaria (cf. già At 2,42). Il “Cammino” è usualmente annoverato tra quelle nuove realtà che
suscitano speranza per la Chiesa tutta essendo anche un focolaio di numerose vocazioni (cf. PDV 41). Dalle
decine di migliaia di comunità neocatecumenali sparse nei vari continenti sono infatti sorte numerosissime
vocazioni sacerdotali e religiose; e questo spesso in concomitanza con le Giornate Mondiali della Gioventù.
In sintonia con la propria autocoscienza di essere un servizio ai vescovi e non un’Associazione particolare, il
Cammino, quale realtà a servizio dei vescovi, ha naturalmente assunto la via dell’incardinazione diocesana
per aprire le porte del ministero sacerdotale ai giovani (o meno giovani) che al suo interno sentono la
chiamata di Dio. Condizione per entrare in questo tipo di seminario è quindi la partecipazione al Cammino
neocatecumenale. Si antepone, o meglio, si premette e si affianca alla formazione sacerdotale l’iniziazione
cristiana tout court. Ogni seminarista proviene da una comunità neocatecumenale in cui ha cominciato a
conoscere il Signore e il suo amore, la comunione con i fratelli, il discernimento su se stesso, la vita di
preghiera e di liturgia. Tale percorso lungi dall’essere sospeso durante il tempo di formazione sacerdotale ne
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è considerato parte integrante. Sicché, oltre alla vita di preghiera, disciplina, studio e servizio, propria di ogni
seminario, gli alunni del Redemptoris Mater seguono il “Cammino” nelle comunità locali e ritornano nella
loro comunità di origine per le “tappe” più importanti. Con l’ordinazione, costoro non si inseriscono in una
congregazione o fraternità peculiare, bensì sono incardinati nel presbiterio di una diocesi per servire la
missione evangelizzatrice della Chiesa.
Un tale collegio nasce qualora un singolo vescovo, convinto del valore apostolico di tale itinerario e, in
accordo con gli iniziatori del Cammino, per sollecitudine verso le altre chiese più bisognose di clero, decide
di erigere un collegio per la formazione di neocatecumeni che una volta ordinati apparterranno al proprio
clero diocesano con la peculiarità di essere destinati alla missione. Riprendendo un tradizionale detto
ecclesiastico e con un po’ di ironia, potremmo dire che se il seminario è la “pupilla del vescovo”, un tale
vescovo ne verrebbe ad avere due: il seminario diocesano soprattutto per le necessità locali e quello
Redemptoris Mater per quelle della Chiesa universale. I presbiteri formati nel Redemptoris Mater anche se
mandati in missione rimangono incardinati alla loro diocesi e legati al loro vescovo, il quale può anche
demandarli ad altri incarichi diocesani: parrocchie, cappellanie, insegnamento, lavori in curia… La pastorale
da loro svolta in ogni mansione corrisponderà all’intenzione del vescovo e alle ordinarie direttive, anche se
verrà adempiuta ovviamente con una peculiare sensibilità.
Il discernimento sull’idoneità all’ordinazione spetta, come di norma, al Vescovo, di cui il rettore è diretto
rappresentante. Quest’ultimo si avvale anche del parere del Consiglio pastorale del seminario, composto
dall’Equipe responsabile del Cammino neocatecumenale in quella data regione. In genere, in vista del
diaconato, si sentono anche le opinioni dei responsabili delle comunità dei seminaristi. Tutto questo
conferisce spessore e realismo alla risposta del rettore all’inizio dell’Ordinazione, quando il vescovo lo
interroga circa la dignità dei candidati: “dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il
giudizio dato da coloro che ne hanno curato la formazione, posso attestare che ne sono degni” (Rito di
ordinazione).
L’idea di formare un seminario particolare sorse agli iniziatori del Cammino, Kiko Arguello e la
compianta Carmen Hernandez, all’ascolto delle parole di s. Giovanni Paolo II sulla nuova evangelizzazione
dell’Europa (nel 1985). Essi ebbero l’intuizione di inviare delle famiglie in missione in luoghi scristianizzati
o mai toccati dal Vangelo. Una siffatta implantatio ecclesiae era inconcepibile senza il concorso di presbiteri
disposti a spezzare il pane della Parola e dell’Eucaristia nel contesto di questa missione. È così che con
l’incoraggiamento del Santo Padre fu eretto a Roma, durante l’anno mariano 1988, il primo Collegio
diocesano missionario Redemptoris Mater. Da allora sono nati più di cento seminari in diverse diocesi dei
cinque Continenti: dal Callao (Perù) a Vienna, da Madrid a Kitwe (Zambia), da Berlino a Perth (Australia) e
Washington, da Brasilia a Kaohsiung (Taywan), da Varsavia a Medellin, da Yaundé (Camerun) a Namur…
Il numero di seminaristi varia dal centinaio alla dozzina.
I seminaristi provengono da varie nazioni. L’internazionalità è infatti un concreto segno della
cattolicità della Chiesa nonché un forte richiamo ad allargare gli orizzonti e a considerare l’unicità del genere
umano in Cristo. Non si sceglie in quale seminario entrare: tutto si gioca sulla libertà dello Spirito (cfr. Gv
3,8 e 2Cor 3,17): si chiede al candidato se sia pronto ad andare “ovunque”, con totale disponibilità e piena
fiducia nella Provvidenza e libera accettazione della destinazione. Così, si possono incontrare degli spagnoli
nel seminario di Bangalore, dei tedeschi in quello di Brasilia, dei boliviani in quello di Kopenhaghen, degli
italiani in quello di Manila ecc. ecc. La lingua e la cultura del posto sono assimilate poco a poco con lo
studio e con la frequentazione delle comunità locali…
Altra particolarità formativa connessa con l’universalità è l’educazione alla dimensione itinerante
della vita apostolica dedicando, durante gli anni del seminario, un congruo tempo (in genere due anni)
all’evangelizzazione con una équipe itinerante del Cammino neocatecumenale, o con un parroco in missione,
o ancora con il rettore di un altro seminario.
In definitiva i seminari Redemptoris Mater sono un frutto del rinnovamento ecclesiale provocato dal
Concilio Vaticano II e suppongono la correlazione e sinergia tra elemento gerarchico/istituzionale (la
diocesanità) e quello carismatico/missionario. Si tratta di un tipico caso di integrazione tra indole gerarchica
e dimensione carismatica e profetica della Chiesa (cf CDF, Iuvenescit Ecclesia, 2016).